Il mondo che ho inventato per te di Sarah Butler - Recensione

Buongiorno lettori, oggi vi parlo del romanzo di Sarah Butler edito Garzanti: “Il mondo che ho inventato per te”.

Il protagonista della vicenda è Kieran, da tutti chiamato Stick per la sua costituzione alta e magra che ricorda quella di uno stecco.
Stick ha diciassette anni e vive a casa con sua madre che soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo per cui resta sveglia la notte a controllare per filo e per segno che tutte le prese di corrente della casa siano staccate.
Il padre li ha abbandonati anni prima per poi ricostruirsi una nuova famiglia in una casa più elegante e raffinata, per cui il peso della situazione ricade su Stick.
Nonostante ciò lui non si da per vinto anzi, cerca di aiutare sua madre e contemporaneamente progetta di andarsene il più lontano possibile con il suo miglior amico Iain, da tutti chiamato Mac.
I due amici quindi organizzano una sorta di vacanza, il viaggio della loro vita, in Spagna. Risparmiano quel tanto che basta per acquistare un'auto che sta in piedi per miracolo e organizzano un lungo ma emozionante viaggio in macchina.
La sera prima della partenza però una tragedia mette completamente a soqquadro la vita e i progetti di Stick. Durante il ritorno a casa da una festa d'addio a cui il protagonista e il suo miglior amico hanno partecipato, Mac viene ucciso.

“Morto. Mac è morto.” Era come se ci fosse qualcuno nella sua testa che gridava: “Morto! Mac è morto!”. Ma la macchina era lì fuori, pronta, con il pieno: dovevano solo salirci e mettersi in viaggio. La sua sacca con tutte le cose era al piano di sopra. La valigia di Mac era pronta nel suo appartamento. Ad attenderlo in Spagna c'erano un divano e un pezzo di pavimento in un appartamento.

Stick non riesce ad accettarlo. La fase della negazione è lunga e tormentata. Continua a ripetersi che non è possibile e che è tutto uno scherzo, quando in realtà non c'è più nulla da fare.
Di conseguenza mangia poco e diventa intrattabile. La sua famiglia si riunisce per stargli accanto ma Stick rifiuta qualsiasi tipo di aiuto.
La sua vita sembra essere essere precipitata in un abisso senza fondo di dolore, rabbia e confusione. Tutto è privo di colore, nulla ha un senso... cosa ne sarà di lui e del suo futuro?
La perdita di Mac ha destabilizzato completamente l'anima e il cuore del protagonista che vede finalmente un barlume di luce nel momento in cui incontra una ragazza misteriosa e affascinante di nome J.

E lei era lì, appollaiata sul davanzale, il vetro ormai andato da tempo. Stick riusciva a vedere la pianta di un paio di Converse bianche, jeans, capelli neri con un ciuffo rosa e due grandi occhi scuri.

J è una figura che nel corso del romanzo inizialmente non viene approfondita benissimo. Appare come una figura enigmatica, con un nome composto solo da una lettera dell'alfabeto, un po' ribelle e che non ha con sé un telefono cellulare, cosa assai inusuale per una adolescenze di quest'epoca.
Con il suo animo frizzante sarà di grande supporto a Stick il quale, piano piano, si innamorerà di lei.

Riuscirà Stick a metabolizzare la morte di Mac? Si scoprirà cosa realmente è successo quella fatidica sera?
Ed infine, J ricambierà i sentimenti di Stick?

Sebbene le premesse siano interessanti non posso ritenermi soddisfatta di questo romanzo. Quando l'ho acquistato sono stata vittima di un abbaglio: la trama. Nonostante essa faccia intendere una buona dose di romance, in realtà la storia d'amore tra i due protagonisti viene messa completamente in secondo piano rispetto alla morte di Mac e ciò che essa comporta, che invece domina su tutto.

Il personaggio di J, tra l'altro, non mi ha convinta molto. È una ragazza piuttosto particolare, con un passato tortuoso alle spalle che l'ha profondamente segnata. Non ho apprezzato moltissimo il modo in cui inizialmente J sta accanto a Stick. Per il compleanno del protagonista, ad esempio, lei lo porta in spiaggia e gli fa bere un infuso fatto con i funghi che gli provocano allucinazioni e stordimento. Io comprendo che perdere una persona cara sia devastante e che ognuno è diverso per cui ha il proprio modo di affrontare il dolore ma non mi è piaciuto questo piccolo particolare, l'ho trovato di cattivo gusto.

“Ti piace sballarti?” Aveva un sorriso raggiante.
“Con il tè?” chiese Stick, sedendosi accanto a lei mentre versava un liquido marrone nel tappo del termos e glielo allungava.
“Funghi. Una mia ricetta. Buon compleanno.” 

Per quanto l'autrice abbia descritto minuziosamente al dettaglio la disperazione e la frustrazione di Stick a causa della perdita di Mac non sono riuscita ad entrare in empatia con il protagonista e a soffrire con lui.

Di sicuro è un romanzo che consiglio a tutti coloro che cercano una storia carica di dolore, in cui piano piano si arriva ad una quasi accettazione del lutto. Non è un titolo che citerei in causa di certo per chi invece, come me, è una romanticona.

Do tre stelline perchè tutto sommato il libro è scritto bene, nulla da ridire, ma nei confronti delle aspettative che avevo non posso che sentirmi come se nel complesso il romanzo mi avesse lasciato l'amaro in bocca.