L'istituto di Stephen King - Recensione

Cari lettori, oggi vi parlo di un romanzo piuttosto particolare, ovvero: “L’istituto” di Stephen King. Una storia composta da capitoli corti e scorrevoli che rendono la lettura assai piacevole.

Il protagonista della storia è Luke Ellis, un piccolo genio che a soli 12 anni sta per essere ammesso in ben due università. La sua vita sembra perfetta finché un giorno, nel cuore della notte, la sua famiglia viene brutalmente uccisa e lui viene sedato e portato in un istituto dove sono rinchiusi altri ragazzi dotati di incredibili abilità.

“E quella non era la sua stanza. Sentì il cuore che accelerava i battiti e respirò a fondo più volte, per cercare di calmarsi. Andò alla porta e afferrò la maniglia, sicuro di essere chiuso a chiave.”

Nelle aree comuni riesce a far amicizia con Kalisha, Nick, George, Iris e Avery, i quali gli spiegano vagamente ciò che accade nell'istituto, luogo in cui non sono altro che vittime e prigionieri.
I primi giorni Luke trae la sua forza dai compagni, poiché con loro tutto sembra più sopportabile... ma a poco a poco anch'essi iniziano a sparire, trasferiti nella seconda casa ed il protagonista rimane con Avery, il più piccolo e il più forte di tutti.

“Le lacrime arrivarono perché era spaventato e arrabbiato, ma soprattutto perché aveva nostalgia di casa. Non aveva mai capito che cosa significasse quell’espressione, prima di allora. Quello non era un campo estivo, tanto meno un’escursione didattica. Era un incubo, e voleva soltanto che finisse.”

Grazie alle sue grandi abilità Luke viene a conoscenza di quello che succede nella seconda casa: i ragazzi vengono praticamente lobotomizzati. Ridotti a dei vegetali, quest'ultimi perdono ogni tipo di facoltà.
Il protagonista capisce dunque che è giunto il momento di fare qualcosa: non può permettere che facciano del male ai suoi compagni.

Riuscirà Luke a salvare i suoi amici e a rivelare al mondo l’esistenza di questo istituto?

Devo essere sincera: dalla lettura di un libro del grande King mi aspettavo di più.
Le prime duecento pagine hanno un ruolo poco rilevante ai fini della storia principale, poiché non sono altro che un esubero di informazioni e descrizioni di un personaggio secondario.

Nel complesso non possiamo dire che sia un romanzo pauroso o movimentato. Lo stile di scrittura fa guadagnare qualche punticino positivo alla storia: ho apprezzato moltissimo i capitoli brevi, che alleggeriscono e rendono più dinamica la vicenda.
Per essere un primo approccio con l'autore non posso ritenermi pienamente soddisfatta, ma non demordo, anzi: penso proprio che mi cimenterò in altre sue opere per vedere se quest'ultime confermeranno o smentiranno il mio giudizio.